In realtà, si tratta ormai di un libro uscito da oltre un anno. Racconta del Mondiale di sci svolto regolarmente e poi cancellato dalla federazione internazionale dello Sci, nel 1946, a guerra finita. Si perché quel Mondiale, come recita il titolo, andò in scena nel febbraio del 1941, a Cortina d’Ampezzo. In piena Seconda Guerra mondiale. Fu per volontà di Mussolini che il Mondiale si tenne, perché poteva essere molto utile alla propaganda del Regime, in un momento in cui già la guerra buttava male per l’Italia. Ma con una manifestazione del genere, si poteva dimostrare facilmente come la situazione fosse del tutto sotto controllo e, anzi, c’era la possibilità per gli atleti di esprimersi ad alto livello, e per i turisti e gli spettatori di divertirsi. Un po’ come dire: “Voi rilassatevi, voi altri pensate a vincere medaglie, alle bazzecole fatte di cannonate, marce forzate e pallottole ci pensa il nostro Esercito: uno dei più forti del mondo”… Si, beh, poco più di anni dopo si vide come andò a finire.
Ma io non parlo di politica in questo libro, ci sono persone ben più titolate di me a farlo. Io parlo di sport. Io racconto l’epopea di quegli atleti e di quelle competizioni: quegli atleti che si erano preparati tenacemente per dare il massimo a Cortina. Organizzatori che combatterono anche contro la montagna di neve che scese in quel febbraio pur di far disputare le gare. Squadre forti, le più forti, che presero parte a quell’edizione iridata. Gente che meritò di vincere trofei, che poi furono levati dal loro palmarès.
Chiaro che un Mondiale di sci in tempo di guerra non sta in piedi. Ovvio che alcune nazioni non parteciparono, proprio a causa dei diversi schieramenti sui fronti bellici. Altrettanto vero che i più forti atleti c’erano quasi tutti, e che le gare furono tirate e le medaglie meritate. Celina Seghi vinse in quell’occasione l’unico oro della sua pur lunga e fortunata carriera, ma quell’oro le fu levato. Eppure aveva battutto la più grande sciatrice del decennio, la tedesca Christl Cranz. La stessa cosa successe ad un altro abetonese, Vittorio Chierroni. Anche per lui non ci saranno altri ori in carriera. E così via.
Giusto che la Fis abbia deciso di cancellare quel Mondiale, per carità, era una importante questione politica. Ingiusto, a mio avviso cancellarne anche la memoria. Ecco perché è nato questo libro. E forse non finisce qui. A distanza di un po’ di tempo, mi capita di tornare a pensare al periodo in cui lo stavo scrivendo e alla mole di informazioni che ero riuscito a raccogliere. E al materiale fotografico. E alle classifiche originali, scritte a mano. Forse se ne può fare qualcosa in più. Ci sto pensando. Vi tengo aggiornati.
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